Annamaria Venere

In una società dominata dal potere dei mass media e dei social, l’immagine rappresenta l’elemento essenziale del successo personale, sociale e professionale spingendoci a uniformarci a un ideale di perfezione ampiamente incentrato sull’apparenza. Preoccuparsi del proprio aspetto diviene fondamentale e, allo stesso tempo, difficile da ignorare. I sintomi del disturbo da dismorfismo corporeo possono svilupparsi in maniera graduale o acutamente. Anche se l’intensità può variare, si pensa che il disturbo sia solitamente cronico a meno che i pazienti siano adeguatamente trattati.

L’autostima è l’idea che la persona ha di sé, del suo valore e delle proprie capacità. Si tratta di un pensiero in continua trasformazione che fonda le sue radici nei primi anni di vita, per poi evolversi nel tempo.

Una fase critica del periodo evolutivo è l’adolescenza, ciclo di vita compreso tra i 10 e i 19 anni (OMS, 2007) che abbraccia l’instaurarsi di diversi cambiamenti psicologici, sociali e morfologici.

In alcuni soggetti, questa metamorfosi può condizionare un gesto semplice come guardarsi allo specchio perché il giudizio che hanno di sé, è frutto del confronto fra ciò che vedono e la loro idea di bellezza. Più grande è il divario, più si sentiranno inadatti. Coloro che soffrono di Dismorfismo Corporeo, sono insoddisfatti in forma estrema e ossessiva, lo specchio diventa un oggetto di tortura.

I pazienti con il disturbo da dismorfismo corporeo sono profondamente tormentati per un difetto immaginato, guardandolo con “odio, disgusto e imbarazzo” e incapaci di esserne ossessionati. Generalmente, si tormentano per difetti del viso (rughe, cicatrici, acne, colore della carnagione, peli sul viso, paura di possibile calvizie, naso, orecchie) ma qualunque altra parte del corpo può essere il fulcro della preoccupazione.

Benché il disturbo da dismorfismo corporeo sia poco conosciuto, non è raro. Grazie ad alcuni studi sembrerebbe che il disturbo sia sotto diagnosticato a causa del riserbo dei pazienti sui loro sintomi e la loro ritrosia a cercare un trattamento psichiatrico; infatti molti consultano dermatologi o chirurghi plastici. La qualità della vita è compromessa dalla continua insofferenza, vergogna, rabbia che portano il soggetto ad evitare le occasioni sociali, a non accettarsi e a cercare di perfezionarsi con interventi estetici. Una particolarità interessante è che qualunque intervento venga effettuato non porterà alla soddisfazione del risultato. L’eccessiva attenzione centrata su sé stessi e di conseguenza sull’immagine corporea negativa, porta la persona a credere che le altre persone hanno la medesima opinione su di loro ed inoltre porta la persona a utilizzare un eccessivo mimetismo.

Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo (DDC) è entrato a far parte dei disturbi psicologi solo in epoca recente, infatti la sua inclusione nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) risale al 1987 e fa parte dello spettro del “disturbo ossessivo-compulsivo e dei disturbi correlati.” Il Disturbo da Dismorfismo Corporeo, come tutti gli altri disturbi psicologici, ha diverse cause che possono spiegarne l’eziopatogenesi cioè l’insieme dei fattori psicologici e biologici e delle condizioni socio-ambientali. É grave ed una invalidante condizione di salute mentale caratterizzata da tutta una serie di sintomi legati alle preoccupazioni dell’immagine corporea.

Ma è possibile prevenire? Il termine prevenzione nel campo psicologico fa riferimento a politiche e programmi che hanno l’obiettivo di eludere o perlomeno di prevenire il possibile sviluppo di disturbi psicologici proteggendo così non solo la persona in sé ma anche e soprattutto la popolazione in generale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito tre livelli differenti di prevenzione:

Prevenzione di tipo primaria: ha l’obiettivo di adottare interventi specifici e programmi in grado di evitare o ridurre la possibilità di insorgenza e sviluppo di una malattia e si attua riducendo i fattori di rischio.

Prevenzione di tipo secondaria: si riferisce alla diagnosi precoce di una patologia, permettendo un intervento tempestivo senza riuscire a evitarne o ridurne però la comparsa.

Prevenzione di tipo terziaria: è rivolta alle complicazioni, alla possibilità di recidiva e perfino di morte.

Quando, nella mente, si sviluppa una visione distorta del proprio corpo, tale da indurci a porre in essere continui tentativi per correggerla e modificarla, il correlato e inevitabile aumento dello stato d’ansia innesca altrettanto inevitabili sindromi.